06/06/2010

Figliuol prodigo


IL FIGLIUOLO PRODIGO

( Luca  16 )

 

E’ vero che il Signore disse questa parabola per far conoscere il cuore di Dio Padre, altresì affinché coloro che lo condannavano perché accoglieva i peccatori, si specchiassero  nella figura del figlio maggiore.

Ma nella misura che noi avanziamo nella vita spirituale il Signore, per lo Spirito Santo, va allargando la luce e l’applicazione sulla e della Sua parola.

La stessa parabola ci viene presentata, oggi, applicata ad una condizione spirituale: Due figliuoli, dei quali, il minore, per lo spirito di insofferenza alla disciplina, di inesperienza e sufficienza proprie della gioventù in generale, non volle rimanere sotto lo sguardo, la guida ed il consiglio paterno del ministerio al quale il Signore lo aveva affidato, ma presa la sua parte, andò in un paese lontano. La parola << lontano >> ci dice anche paese straniero.

Quivi egli trafficò la parte di Grazia, di Conoscenza, di Fede che aveva ricevute, però secondo le sue proprie, inesperte, orgogliose, immature vedute, ed in compagnie che furono un danno per lui, perché lo trascinarono in strani miscugli e strane dottrine, l’anima umana essendo più proclive alla esteriorità, ai propri sforzi, alla religione volontaria e all’innalzamento di se stesso. Ed ecco che il patrimonio spirituale, non trafficato sotto la guida delle Spirito Santo, fu sperperato e presto dissipato.

Allora il giovane prodigo rientrò poco a poco in uno stato di riflessione che lo portò, dopo certe esperienze, ad una grande decisione. Pur riconoscendo di aver errato, non aveva la forza di umiliarsi e di confessare il suo peccato. Cercò dei ripieghi e trovò chi lo impiegò affidandogli il compito di pasturare i porci. Noi non oseremmo mai qualificare alcuno con tale titolo, perché non ci è lecito di giudicare, ma questa parola l’ha usata Gesù, quando avvertì i discepoli di non gettare le perle ai porci.

Vi sono dunque individui da paragonarsi a tali immondi animali, cioè i carnali solo occupati delle cose di questa terra, pur mostrando apparenza di pietà.

Fu nell’espletare questo ingrato compito che il povero giovane sentì vivo il ricordo del buon cibo della casa paterna e gli stimoli della fame cominciarono a tormentarlo. Vi fu lotta in ispirito, seguita da penitenza e santa decisione; disse <<Io mi leverò, e me ne andrò a mio padre, e gli dirò: Padre, io ho peccato contro al Cielo, e davanti a te; e non sono più degno d’essere chiamato tuo figliuolo; fammi come uno dei tuoi mercenari>>

Ora il padre che pregava per il ritorno del figlio, confidava nell’esaudimento della sua preghiera e con pazienza lo aspettava. Quando fu avvisato dallo Spirito Santo che il figliuolo tornava, si mise alla vedetta per andargli incontro, non appena lo avesse veduto comparire sulla strada.

Infatti , come lo vide spuntare, si mosse verso di lui con le braccia aperte e lo baciò, mentre il figlio confessava il suo peccato. E chiamati i servi, il padre fece loro imbandire un convito per festeggiare il ritorno del figlio.

<<Padre ho peccato contro il Cielo, e davanti a te>>. In verità, quando noi offendiamo e danneggiamo i nostri fratelli, offendiamo innanzitutto Iddio che li ama e vuole che noi, per amore di Lui ed in Lui, li amiamo; quanto più quando noi sprezziamo e rifiutiamo il ministerio scelto da Dio per guidarci nelle Sue vie!

Il giovane ormai aveva compreso, e, penitente, afflitto e contrito, ritornava per un nuovo principio.

Dopo questo quadro, Gesù ne dipinge un altro, altrettanto doloroso: il figlio maggiore, sempre preciso, ubbidiente, fedele e servente, essendosi, per tali qualità considerato come avente dei meriti e dei diritti di preminenza sul fratello minore, tornando quella sera dal lavoro dei campi, fu colpito nell’udire un suono di festa nella casa. Non volle entrare, ma si informò presso i servi, e quando ne seppe il motivo, fu grandemente sdegnato e ne fece lamentela al padre.

Quanto è pericoloso mettere l’occhio su noi stessi, sul nostro bene (se ve n’è) il quale non è mai nostro, ma di Dio, e farcene un vanto ed un ammanto. La vita interiore del figlio maggiore, per quanto nelle manifestazioni esteriori apparisse lodevole, non era migliore di quella del fratello, allorquando lasciò la casa paterna e andò in lontano paese. Il momento opportuno era venuto, anche per lui di essere scoperto e rivelato a se stesso. Entrambi i fratelli avevano bisogno di ravvedersi ed entrare in un nuovo principio, per nuovo cammino.  ( Sela )

                                                                                                          A.C.

 

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